di Salvo Barbagallo
Nel titolo un immancabile e “dovuto” punto interrogativo che, come opinione personale, non avrebbe ragione d’essere.
L’aeroporto “civile” di Catania Fontanarossa è in pieno sviluppo, con i suoi dieci milioni di passeggeri, con un piano (già avviato) di ampliamento delle strutture di accoglienza e di riammodernamento di quelle esistenti (vecchia aerostazione Morandi), con la realizzazione di parcheggi auto a breve e lunga sosta, creazione di spazi verdi e rifacimento delle arterie di accesso allo scalo. Non solo: con un piano (già avviato con crono programma) di privatizzazione della Società di gestione (la SAC) che in un immediato futuro porterà nella scena mondiale in primo piano l’aeroporto etneo. Non a caso la valutazione stimata (in termini di soldoni) supera abbondantemente il miliardo di euro.
Sviluppo dell’aeroporto di Fontanarossa equivale a sviluppo del territorio dell’intera Isola: il flusso degli utenti dello scalo, costantemente in crescita, lo dimostra ampiamente.
In poche parole: l’aeroporto di Catania Fontanarossa “Vincenzo Bellini”, è un riconosciuto volano per lo sviluppo della Sicilia: è il primo scalo del Mezzogiorno per traffico totale passeggeri e il secondo scalo italiano per il traffico nazionale, con in media duecentocinquanta voli giornalieri (tra partenze e arrivi), con destinazioni verso tutti i centri nevralgici d’Europa e i principali punti dei Paesi dell’area del Mediterraneo e con oltre 70 Compagnie aeree operanti (di linea e charter)
La prospettiva dovrebbe essere sicuramente positiva, ma la capacità operativa dello scalo (è solo questione di tempo, a nostro avviso) è destinata ad essere bloccata.
In realtà la “capacità operativa” dell’aeroporto “Vincenzo Bellini” di Catania è “menomata” da anni e anni: basti tenere nel debito conto che lo scalo di Fontanarossa non è provvisto di radar, e il personale che opera nella Torre di controllo si “limita” a seguire “a vista” i velivoli in atterraggio e decollo in quanto gli aerei sono indirizzati dai radar militari di Sigonella. Una servitù che ostacola ogni possibile incremento nel numero dei voli, aggravatasi da tempo, da quando a Sigonella/USA sono stati stanziati i droni. Una situazione che tende a peggiorare poiché l’installazione statunitense (autonoma, in territorio “italiano”) è stata prescelta come base operativa avanzata del sistema aereo MQ-4C “Triton” di US Navy, basato sulla piattaforma del “Global Hawks” di ultima generazione. Secondo il Comando generale della Marina militare statunitense, i primi “Triton” dovrebbero iniziare la loro attività a partire da questo mese di giugno. Già nel 2016 il Dipartimento della difesa statunitense ottenne dal Congresso l’autorizzazione a costruire nella base siciliana gli hangar e una serie di infrastrutture di supporto per i “Triton” e i “Poseidon” con una spesa complessiva di 102.943.000 dollari.
Inoltre, sempre entro questo 2019, a Sigonella entrerà in funzione anche il sofisticato sistema di comando, controllo, telerilevamento ed intelligence AGS (Alliance Ground Surveillance) della Nato, basato anch’esso su velivoli a pilotaggio remoto UAV. Probabilmente sono stati già realizzati all’interno dell’installazione di Sigonella i 14 edifici per il “rimessaggio-attrezzaggio degli aeromobili” e uffici-comando, che ospiteranno circa 800 addetti dell’Alleanza Atlantica. Le fonti specializzate informano che il programma AGS è il più costoso nella storia della Nato (1,7 miliardi dollari secondo previsioni che risalgono al 2008). I droni potranno volare da Sigonella con un raggio d’azione di 16.000 km, sino a 18.000 metri di altezza e a una velocità di 575 km/h, in qualsiasi condizione atmosferica.
Come sottolineato in articoli precedenti, quanto appena presentato costituisce un “dettaglio” su ciò che rappresenta la base di Sigonella, e un “dettaglio” del perché l’aeroporto internazionale “civile” di Catania Fontanarossa ne subirà (come già ne subisce) le conseguenze: limitazione dei voli “civili” per non “interferire” con le operatività (h24) dei mezzi aerei militari (stranieri e… italiani…).
Ci chiediamo fino a che punto tutto ciò che riguarda questa pesante “servitù” militare ostacolerà il processo di crescita dell’aeroporto di Catania Fontanarossa, e se potrà condizionare (alla fine) anche l’avviato e necessario processo di privatizzazione della Società che gestisce lo scalo.